Io, ai miracoli, quelli che ti raccontano in televisione,
quelli che tutti chiedono ma nessuno ottiene,
non ci credo.
Poi mi ci sono seduto su quel prato.
Ci ho passato delle ore.
Ho respirato il profumo d'erba tagliata,
mescolato con le fragranze delle migliaia di persone che ogni giorno passano da lì.
Mi sono dedicato del tempo.
Ho osservato.
Ed è lì che ho compreso quali siano i veri miracoli,
quelli a cui anche io mi ritrovo a credere,
quelli che quotidianamente si ripetono all'interno di quelle mura.
Il miracolo del sole.
Luce, vita.
Un abbraccio tiepido,
che avvolge cuore e mente.
Silenzioso, si nasconde oltre l'orizzonte. Nasce e muore ogni giorno. Non ha mai vissuto e mai vivrà una sola notte. Ditemi voi che sapete, se non è questo un miracolo.
In una dimensione spazio temporale di questo tipo, non puoi che provare un senso primordiale di serenità. Stai bene. Non sai ne come, ne perché, ma sorridi. Forse perché un reale motivo non c'è. Forse, perché il più semplice dei miracoli, è la gioia di vivere.
Questa gioia di vivere ti nasce dentro. Esplode, s'infiamma, ti invade. E' così potente che devi, in qualche modo, convertirla in un'azione concreta. Non va sprecata, ma sfruttata in tutta la sua potenza.
E allora prendi in mano i libri. Dai inizio allo studio più fruttuoso delle ultime settimane. Oppure prendi il telefono e chiami. Non importa chi, non importa per dire cosa. Basta poter comunicare a qualcuno l'immenso potenziale che racchiudi nelle tue vene.
L'azione migliore che mi ritrovo a sperimentare è il dialogo. Ragionare. Etica, morale, democrazia. Ma anche metafisica, critica, religione. Kant, Rousseau, Machiavelli. Sono così protagonisti nostri dialoghi, che pare siano seduti lì con noi.
Il tempo scivola via come un sospiro. Non ti da la minima possibilità di renderti conto che sono passate ore. Anche se sai che hai appena passato una giornata meravigliosa.
Non ho chiesto, non ho preteso, non ho implorato. Mi sono semplicemente seduto, ho lasciato libero il mio spirito, ho agito, e ho ricevuto il dono più grande. Ho ricevuto il mio miracolo.
***Photos***
Tempo: 17 e 18 Aprile 2011 Luogo: Piazza dei Miracoli, Pisa
Soundtrack: "Anji" - David Graham (Eseguita da Simon & Garfunkel)
Sì, i titoli di coda piacciono pure a me.
Magari non così tanto da usarli come asso nella manica al primo appuntamento,
ma mi piacciono.
O forse li leggo, semplicemente, come Bart.
Sì perché anche l'apparentemente insignificante gesto di leggerli, non è poi così indifferente. O per lo meno, trovo sia importante nei confronti di chi effettivamente è parte costitutiva di quelle colonne troppo spesso ignorate.
Penso spesso al fatto che dietro al nome che lentamente scorre sullo schermo nero esista una persona in carne e ossa.
Una persona con una voglia pazzesca di trapassare lo schermo,
sbucare fuori dal vetro della tua televisione o dal telo della tua abituale sala cinema,
prenderti per la maglia e sbatterti in faccia un bel:
"ma vuoi farmi il cazzo di piacere di degnarti di avere il rispetto di leggere anche il mio nome? Io che mi sono fatto il culo per questo film tanto e forse di più della superstar strapagata che hai letto nei titoli di testa?"
Si, perchè nei titoli di testa, quelli sei costretto a vederli per non perdere la trama (e quindi, visto che non hai altro da fare, inconsapevolmente li leggi), ci vanno solo le star, quelli importanti, o quelli coi soldi.
Tutti gli altri stronzi che lavorano come muli non se li caga nessuno.
Assieme ai titoli di coda.
Mi stanno proprio sul culo le persone che scappano via appena finito il film. Di corsa, come se avessero chissà quale fretta. E tanti cari saluti ai "Closing Credits". Archiviati con disprezzo inconscio quanto pesante.
Che poi, pensandoci bene, non è nemmeno colpa loro. Io che vorrei stare li per leggere anche il nome del magazziniere degli Studios, non posso. Non posso perché con la stessa velocità con cui i fenomeni di cui sopra lasciano la sala, entra il tizio incaricato di fare le pulizie. E che cazzo! Lasciami il MIO tempo.
Lasciami rimanere fermo a meditare sul film dopo averlo visto
in compagnia di musiche solitamente eccezionali, tenute a posta per i titoli di coda e che per questo finiscono nel dimenticatoio.
Lasciami il mio momento sacro. Lasciami riassaporare ogni dettaglio, l'emozione o il disgusto, la gioia o la tristezza, il dolore o il sollievo. E' la mia messa, il mio rito.