Benjamin era cieco dalla nascita.
I medici dicevano che la sua era cecità congenita, derivante da un'infezione contratta dalla madre nel corso della gravidanza. Sfortuna, diceva lui. Non aveva mai incolpato la madre per la sua condizione. Tutt'altro. E' sempre stato molto grato a entrambi i genitori per ciò che da sempre avevano fatto per lui.
Il padre aveva lavorato duramente per anni come macchinista ferroviere. Mai un giorno di assenza. Mai un giorno di ritardo. Mai una spesa superflua per concedersi un piccolo lusso, anche se sarebbe stato ampiamente meritato. Tutti i risparmi erano per le cure e l'istruzione di Benjamin.
La madre Annie aveva dedicato la sua intera esistenza al figlio. Persino sul letto di morte, pochi istanti prima di chiudere gli occhi per l'ultima volta, il suo ultimo pensiero era stato per Benjamin: “Hai bisogno di qualcosa caro?”. Queste erano state le sue ultime parole.
Ricordava quel momento come fosse ieri. Eppure così tanti momenti erano passati dall'ora. Alcuni felici, altri tristi. Ma tutti, inesorabilmente, bui.
Buio. Di questo, essenzialmente, era costituita la sua vita. Un continuo, incessante, pesante buio.
Ma anche di suoni. Tanti suoni, sempre diversi. Riconoscibili per lui nel minimo dettaglio, nella più piccola sfumatura sonora. Ci aveva costruito il suo piccolo successo su questo suo talento. Per vivere, accordava pianoforti. Ed era semplicemente il migliore.
Aveva sempre amato la musica. Il pianoforte più di ogni altro strumento. Quel suono così dolce, delicato, armonioso, semplice, nella sua complessità, riempiva le lunghe e innumerevoli ore trascorse nel suo piccolo appartamento di Fulham, quartiere a ovest di Londra.
Il suono, la musica. Una necessità quando la vita ti ha privato completamente del senso più immediato tra i cinque: la vista. Sentire la vita, lo aiutava a riempirla.
Per questo amava trascorrere lunghi pomeriggi sulle panchine di Hyde Park. Periodicamente, le girava tutte. Gli piaceva il sovrapporsi di voci sempre diverse. Il bambino che chiedeva insistentemente un gelato alla fragola, la donna in carriera che discuteva senza sosta al telefono, il giovane adolescente che dichiarava il proprio amore alla compagna di banco all'ombra di un albero, la signora di mezz'età che, impaziente, rivela alla sua inseparabile compagna “Liz, questa la devi proprio sentire...”.
Erano però i suoni più insignificanti, quelli a cui nessuno in condizioni normali concede attenzione, ad affascinarlo maggiormente. Il rumore delle scarpe muoversi sui ciottoli del vialetto; l'eterno gocciolìo della fontana; il confusionario rumore provenire dalle cuffie di qualche sportivo che pratica jogging; l'avido squarciarsi di un sacchetto di patatine di qualche vicino di panchina troppo goloso per resistere alla tentazione; il ruvido suono di un fiammifero sfregato sull'apposita banda del loro piccolo contenitore. Strana esistenza quella del fiammifero, aveva pensato in passato. Trascorsa interamente al chiuso di una scatola buia ad attendere quell'unico momento di luce. La propria luce. Illuminarsi, ardere in un bagliore, prima dell'eterno riposo. Dio, quanto sperava di essere parimenti fortunato. Quanto desiderava anche un solo barlume di luminosa visione, prima della fine.
Più di ogni altra cosa però, vi era una passione incontenibile che lo divorava e lo rendeva felice: Il calcio. Strano a dirsi eh?
Lui, che non aveva mai avuto il privilegio di vedere un pallone entrare in rete. Certo, sapeva come era fatto, il pallone. Lo poteva tenere tra le mani. Poteva indagarne ogni singola piega nel cuoio e riconoscere ogni dettaglio delle cuciture con le sue dita affusolate. Ma vederlo varcare oltre la linea di porta, segnare in un solo istante il destino non solo di 22 anime, ma di popoli interi, lo immaginate da voi, è tutta un'altra storia.
Lui, che non aveva mai visto un campo da gioco. Certo, sapeva i dati tecnici: lunghezza, larghezza, dimensioni delle aree di rigore. Sapeva che era in erba e sapeva che l'erba era verde. Verde. Cos'era per lui questo colore verde se non un semplice dettaglio del mondo che lui non avrebbe mai visto?
Lui, che non aveva mai potuto prendere parte alle partitelle organizzate per strada. Di quelle con le lattine e le giacche a costituire i pali, quelle con i “portieri volanti” perché non si è mai in numero pari, di quelle in cui la scelta dei compagni di squadra da parte dei “capitani” costituisce un momento di tale epica drammaticità da far impallidire secoli di epica eroica. Nelle sua condizione, mentre i bambini erano in strada a calciare quel pallone, lui sedeva in casa, leggendo solo grazie alle sue dita. Ma li sentiva. E, un po', gli faceva male.
Nonostante tutto questo, lui amava il calcio. Aveva ereditato questa passione dal padre, assieme al tifo indiscusso per la squadra di quartiere: i “Cottagers”, il Fulham Football Club.
La passione del padre era genuina. Era il tifo di uomo che trova sfogo dalle lunghe fatiche del lavoro sostenendo 11 gladiatori in cerca di gloria. Quasi fosse anche lui tra quella anime affamate di successi. Ovviamente, la situazione economica della famiglia non permetteva al padre di portare la domenica il figlio a sedersi sulle tribune del Craven Cottage.
Così, diligentemente, ogni domenica si accomodavano in salotto. Il padre si sedeva sulla sua poltrona. Un buon bicchiere di scotch in una mano, l'immancabile sigaretta nell'altra. Benjamin sedeva di fronte. Ad inondare la stanza, la voce di Alan Green, storico commentatore radiofonico delle partite dei cottagers, che fuoriusciva dalla vecchia radio di famiglia.
Adorava quel momento. Adorava quella voce, così calda e sicura. Emozionata ma professionale, nel racconto dettagliato delle azioni sul terreno di gioco. La sua voce aveva un potere magico: attraverso le sue parole, riusciva a rendere visivo nella mente di Benjamin ciò che lui non aveva mai visto. Il più umano e inconsapevole dei miracoli.
Una volta era andato allo stadio. Il premio in busta paga del padre gli aveva concesso questo unico strappo alla regola del risparmio. Un premio per una vita di sacrifici.
Ma nonostante la gioia empatica per il padre, Benjamin rimpianse di non essere a casa in compagnia delle parole di Green. Ovviamente, per lui, sedere tra le tribune dello stadio, era trovarsi in una posizione di notevole svantaggio. Allo stadio non c'è nessuno che racconta la partita.
Quella fu l'unica radiocronaca che perse, in tutti questi anni. Niente al mondo poteva togliergli la gioia di accendere la radio, sedersi comodamente sulla poltrona che una volta era stata di suo padre, e assaporare un lato della vita che gli era stato tolto dalla nascita.
Quei 90 minuti di radiocronaca, erano, ogni settimana, i più importanti della sua vita. Viveva per questo. Non perché era un tifoso. Non certo perché era un hooligan. Non perché, prendendo uno sport come pretesto, si muniva di spranghe e tirapugni e giocava a fare la guerra con altri esaltati. Non perché era un fanatico o un bambino mai cresciuto che usa il gioco del calcio come rifugio dalle responsabilità. Benjamin, come immaginate ormai, non era nulla di tutto ciò.
Quei 90 minuti, ogni settimana, erano così importanti perché, attraverso la voce di quell'uomo, Benjamin poteva, finalmente, sentirsi uguale agli altri. Anche lui, come tutti quelli attaccati febbrilmente alla cassa della radio, viveva il gioco e vedeva attraverso la voce di Alan.
Quell'uomo, per 90 minuti, donava, inconsapevolmente, il privilegio della vista a chi non aveva mai potuto goderne.
Alan e Benjamin non si sarebbero mai incontrati. Benjamin ci pensava spesso. Per 90 minuti ogni settimana riceveva il dono di essere libero dal pesante fardello di oscurità di cui era fatta la sua vita, da un uomo che non sapeva nemmeno della sua esistenza.
Benjamin avrebbe tanto voluto incontrarlo, anche solo per pochi istanti. Il tempo necessario per potergli dire quando doveva a lui. A pensarci bene, forse, sarebbe servito più di qualche minuto. Forse una vita intera non sarebbe bastata per fargli capire quanto la sua voce fosse importante. Forse, avrebbe semplicemente potuto dire: “Io vedo la tua voce...”.
Lui, ne era certo, avrebbe capito.
Ma ora basta parlare.
E' tempo di vivere. E' tempo di ascoltare. E' tempo di vedere.
Benjamin è già seduto sulla morbida poltrona del padre. Ha già acceso la radio, in attesa dell'arrivo di Alan. In attesa del suo barlume di luminosa visione. In attesa della sua luce, come un fiammifero.
E allora forza Fulham... Forza Benjamin.
DISCLAIMER
I fatti narrati e i personaggi coinvolti sono frutto della fantasia dell'autore. Ogni riferimento a fatti e persone reali è puramente casuale. Il personaggio di Benjamin si ispira a Sam, interpretato da Morgan Freeman in Danny the Dog (Louis Leterrier, 2005). Il personaggio di Alan Green (nome fittizio) è invece ispirato alla figura di Sandro Ciotti, storica prima voce radiofonica del programma "Tutto il Calcio Minuto per Minuto".
ma che bello! potrebbe pure ispirare un sequel...
RispondiEliminaposso consigliarti uno splendido film proprio sul calcio inglese? questo: http://robydickfilms.blogspot.com/2010/11/il-maledetto-united.html
ah, lo do per scontato che hai letto "Febbre a 90'" di Nick Hornby ;-)
ciao!
Grazie robydick!
RispondiEliminaIl maledetto United l'ho visto e l'ho apprezzato enormemente! Davvero ben raccontato.. Mi ha stupito! E fai bene a dare per scontata febbre a 90! ;)
Il sequel non è da escludere... vedremo! ;)
Tu hai questa capacità, che io tanto desidero, di tirar fuori dal nulla un personaggio e dargli vita! Complimenti, scritto benissimo, scritto con il cuore e si vede! Le parole sono fluide e leggerlo è solo che un piacere per la mente.. bello e commovente... :)
RispondiEliminaDopo un commento così, come trovare le parole per ringraziare!? E' una gioia immensa poter suscitare queste emozioni con un mio scritto. Il dal nulla, in questo caso, è stato il viaggio di ritorno dopo il cinema. Ricordi che abbiamo ascoltato alla radio i finali delle partite!? ;)
RispondiEliminaIo penso che quando si scrive con il cuore è difficile non suscitare negli altri delle belle sensazioni.. dalla tua poi hai anche il fatto di saper scrivere molto bene! :P A cavoli mi ricordo eccome! ma mai avrei collegato la radio con quello che hai scritto se non me lo avessi ricordato.. bé tanta roba.. devo seguire anche io il tuo esempio e cercare l'ispirazione ovunque... forse si tratta solo di "saper guardare" o nel tuo caso "saper ascoltare" ;)
RispondiEliminaL'ispirazione è così. Se la cerchi, non arriva mai. L'importante è essere vigili e coglierla quando meno ce lo aspettiamo. Si guarda e si ascolta tutti in modo diverso... è questo il bello! Grazie ancora..davvero! ;)
RispondiEliminaBasta scrivere cose così belle.
RispondiEliminaDopo un po', ci si stufa anche.
:)
Bè ragazzo tu hai davvero il dono della scrittura...sei davvero molto bravo, subito credevo che avessi semplicemente incollato sul tuo blog una bella storia e invece è venuta fuori da te e dalla tua sensibilità...complimenti!
RispondiElimina(è curioso, entrambi abbiamo scritto dei "portieri volanti" oggi :D )
@ Veronix: Ahaha! Grazie ragazza.. Sono felice di stufarti! ;)
RispondiElimina@ Daniela: Ti ringrazio molto! ;) Questa storia, come sempre quando c'è un'ispirazione così forte, si è scritta da sola. E' come se l'avessi sempre conosciuto Benjamin. Eppure è nato tutto dall'ascolto degli ultimi minuti dell'ultimo turno di campionato alla radio. ;)
Curioso si! Ma..i portieri volanti spaccano! ;)
Anche io all'inizio ho pensato che avessi postato un racconto "famoso" sul blog...chiedo umilmente perdono :)
RispondiEliminasei davvero bravo!!!
Grazie anche a te lumaca! Come mai questa sensazione? Assomiglia a qualcosa che avete già letto? ;) Niente paura comunque!
RispondiEliminanon ti saprei dire...posso dirti che mi è piaciuto davvero!!!
RispondiEliminaIn tal caso..bene così! ;)
RispondiEliminaMi fa molto piacere che ti sia piaciuto!
Potenza del gioco del calcio!(Gianni Brera avrebbe detto "Potenza di Eupalla").
RispondiEliminaUn racconto che suscita le stesse emozioni di un gol di Del Piero.
Ciao Costantino e benvenuto. ;)
RispondiEliminaI gol di Del Piero che hanno emozionato me sono stati quelli in maglia azzurra, non essendo juventino (semifinale Germania 2006 su tutti....).
Grazie dei complimenti! ;)
Ser Vlad, in primo luogo piacere di conoscerti! Grazie per essere passato da me e per avermi trovato. Il tuo blog è bellissimo...ti seguo. E poi trovo una somiglianza col mio. Che bello!
RispondiEliminaStoria stupenda. Bravo.
Piacere tutto mio Laura!
RispondiEliminaTi ringrazio molto e rinnovo i miei complimenti verso il tuo blog. Ho provato la stessa sensazione vedendolo. ;)
Eccomi qui con imperdonabile ritardo, amico mio, ma mi sono beccato un'influenza di quelle coi lacrimoni agli occhi, e i pochi commenti di oggi (un paio molto lunghi, perché così dovevano essere) mi sono costati assai.
RispondiEliminaChe dire? Hai scritto qualcosa di profondamente delicato e poetico, davvero commovente. Hai toccato la mia anima con le descrizioni del mondo di suoni del protagonista, ma ancora di più con piccole annotazioni come quella sull'esistenza del fiammifero, o l'altruismo della madre morente che chiede Hai bisogno di qualcosa caro?
Ma ancor più vero e struggente il motivo di fondo: la tragica impossibilità di sapere, di capire, a volte, l'importanza che una o più nostre parole possono avere nella vita e nel cuore di un altro.
E adesso 'sti lacrimoni, saranno sempre solo quelli dell'influenza e del raffreddore? Boh.
Zio Scriba! Brutta bestia l'influenza. Vedi di riprenderti al più presto!
RispondiEliminaCome sempre, hai colto nel profondo il vero senso del mio racconto. E' gratificante vedere che il messaggio che volevo veicolare è arrivato in modo così chiaro e diretto.
Le tue parole sono motivo di profondo orgoglio per me. Mi lusinghi con questi complimenti!
E' un piacere scrivere per te e per tutti voi che avete commentato.
Grazie uomo. Riprenditi presto!
Sono tornata a rileggere il tuo racconto, perchè ci vuole tempo e calma per assaporarlo. Più leggo le tue "cose" e più penso che sei bravo. Certi passaggi mi sono piaciuti in modo particolare,come la descrizione che fai di Benjamin mentre ascolta i rumori del parco...mi sono molto immedesimata. Mi piace anche il finale proprio perchè non sembra un finale, ma qualcosa che deve continuare.
RispondiEliminaChe dire Ninfa.. è un'emozione leggere le tue parole!
RispondiEliminaPer questo pezzo le fonti di ispirazione sono state veramente tante. Ho riflettuto sull'importanza dell'ascoltare la vita grazie a "Stone", personaggio interpretato da E. Norton nell'omonimo film, dove l'ascolto è, in una particolare religione, l'unica via di salvezza e congiunzione con l'eterno.
Riscoprire l'importanza dei suoni, anche quelli più insignificanti apperentemente, apre nuove finestre sul mondo.
Il fatto che ti abbia colpito quella parte è molto significativo perchè racchiude in se un significato enorme. Mi fa molto molto piacere! ;)
.....
RispondiEliminaAmore mio! visita il mio blog.. hai ricevuto un premio!!! :D
RispondiElimina@ Giulia: Volo!
RispondiElimina@ valeria: Commento eloquente! Positivo o negativo? ;)